Medicina: Si chiama ibrutinib ed è un farmaco da assumere per via orale che potrebbe evitare la chemio a molti pazienti affetti da due forme tumorali delle cellule B, una cronica e l’altra aggressiva: la leucemia linfatica cronica e il linfoma mantellare.
L’Ema, l’ente europeo che autorizza i farmaci, ha dato il suo via libera e quindi dovrebbe arrivare presto anche in Italia. La Fda, omologo statunitense di Ema; quando ha approvato la molecola l’ha definita breakthrough therapy cioè uno di quei prodotti che rappresentano un progresso rispetto alle terapie esistenti.
Medicina: finalmente arriva l’alternativa alla chemio che stavamo aspettando?
Del nuovo farmaco si sta parlando anche al congresso americano; di ematologia Ash in corso in questi giorni a Orlando: ha dimostrato risultati inediti in termini di efficacia e sicurezza; e secondo quanto emerge ibrutinib sembra efficace anche nei pazienti con leucemia linfatica cronica (di età superiore a 65 anni) mai trattati prima.
Lo studio di medicina, di confronto con il chemioterapico clorambucile; ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione della malattia e un miglioramento della sopravvivenza globale. Il rischio di decesso si è ridotto dell’84%.
Dopo 18 mesi di trattamento con ibrutinib, si è osservata una percentuale di pazienti liberi da progressione di malattia del 94% contro 45% del clorambucile; mentre la percentuale di risposta globale alla terapia è stata dell’86% rispetto al 35% del chemioterapico.
«Il farmaco» ha commentato Fabrizio Pane, presidente della Società italiana di ematologia «è il primo di una nuova classe di farmaci biologici; destinato a modificare in modo sostanziale la terapia di una serie di malattie tumorali del sistema linfatico di pertinenza ematologica».
Agisce su uno dei meccanismi che sostiene la crescita neoplastica, può quindi essere risolutivo per le forme aggressive.
Di leucemia linfatica cronica e per tutti i casi linfoma mantellare; in particolare degli anziani, che fino a oggi avevano esito infausto ed erano di difficile gestione clinica.
«È da sottolineare che si tratta di un farmaco che oltre alla elevata efficacia viene somministrato per via orale, e ciò offre un grande beneficio per i pazienti che da oggi potranno curarsi più comodamente anche a casa».
«Alcuni pazienti» ha affermato Robin Foà, past-president della Società europea di ematologia (Eha) e direttore dell’Ematologia dell’università ‘Sapienza’ di Roma «hanno una forma di leucemia linfatica cronica aggressiva che progredisce rapidamente e che, senza trattamento; porta al decesso in pochi anni. In altri la malattia ha un decorso lento e indolente, e i pazienti vivono relativamente senza sintomi per decenni. Fino ad oggi, e negli ultimi 40 anni, la cura principale è stata la chemioterapia, più recentemente associata a terapia con anticorpi monoclonali».
«Stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione, grazie allo sviluppo di cure biologiche e terapie mirate che vanno a colpire in modo preciso uno specifico meccanismo biologico della cellula» ha aggiunto l’esperto.
Una delle caratteristiche più importanti di queste nuove terapie è che agiscono anche nei casi più gravi in cui la malattia è molto aggressiva e resistente a causa di alcune alterazioni genetiche; alterazioni presenti in circa il 10% dei pazienti in ‘prima linea di terapia’ (il primo step) e che aumentano fino al 35-40% nelle linee di terapia successive”.
«Questa nuova classe di farmaci è in grado di tenere sotto controllo la malattia, cronicizzandola e garantendo al contempo una maggiore qualità della vita. Trattandosi prevalentemente di pazienti anziani, questa possibilità può semplificare la gestione e favorire l’aderenza alla cura» conclude Foà.